I pazienti sono tenuti, in primo piano, nella comunicazione P.M.T. (Paziente – Medico – Tecnico); tutto il mondo odontoiatrico e odontotecnico gira attorno a loro: parliamo così di “centralità del paziente”. Obiettivo comune del gruppo di lavoro medico-tecnico è il benessere psico-fisico del paziente.
Facciamo riferimento a un importante istituto che svolge attività di ricerca nel campo della psicologi a: “Approccio Centrato sulla Persona e Terapia centrata sul Cliente”, lo “IACP” che propone un approccio innovativo basato su modello biopsico – sociale derivato dall’esperienza maturata nel campo della promozione della salute. La comunicazione P.M.T. inizia quando “P” entra in studio; egli può essere persona, paziente o cliente. Il paziente si presenta in studio con una sofferenza visibile e dichiarata, che è spesso urgenza e come tale va trattata con decisone. Di seguito il paziente cambia figura valutando il team che l’ha curato e deciderà se diventare cliente dello stesso studio medico-dentistico.
Approccio iniziale diverso avrà la persona che si presenta allo studio come cliente senza urgenza alcuna, ma solo con il bisogno di essere ascoltato e ricevere risposte alle proprie esigenze funzionali/estetiche. Egli cercherà di trasmettere tutte le sue paure e le sue incertezze, i suoi bisogni e desideri profondi e cercherà di capire se chi ha di fronte riuscirà a soddisfare le sue attese. Ed è proprio per questo che lo staff dovrà essere pronto e preparato per rassicurarlo sulla sua scelta. Trasmettendo fiducia, dovrà inoltre andare oltre le aspettative per far in modo che la percezione del lavoro, già altamente qualificato, venga percepito come di “altissima qualità”. Così si otterrà un cliente-paziente.
“M” è il medico odontoiatra che è in studio e che ha il compito di accogliere il paziente e curarlo; inoltre avrà il compito di ricevere il cliente ed essere in grado di ascoltarlo, capire quali siano le sue esigenze e bisogni e quindi di trasmettere tutte le informazioni necessarie al team tecnico per compiere al meglio la lavorazione che si propone di realizzare.
“T” è il tecnico, anzi, l’odontotecnico che dovrà essere in grado di accogliere e ascoltare il medico con tutte le informazioni riguardanti il paziente in oggetto, che gli sarà presentato per mezzo di fotografie, di modelli studio e informazioni di carattere emozionale raccolte. Il tecnico dovrà sviluppare una coscienza emozionale tecnica per capire e “sentire” tutte le informazioni e trasformar le in un manufatto che servirà a ridare la possibilità alla persona di avere un sorriso vero.
In questa triangolazione il paziente rimane al centro e saranno i team medici e tecnici che ruoteranno attorno a lui per soddisfare i suoi bisogni.
L’importante in una comunicazione P.M.T. è trovare un codice linguistico che ci permetta di essere compresi e comprendere. Chi di noi non ha mai provato la spiacevole sensazione di non essere stato compreso o di interpretare male le parole del nostro interlocutore? Siamo sicuri di essere dei buoni ascoltatori? In effetti, può succedere che ciò che si ascolta attivi una comprensione legata a una serie di concatenamento storico personale e allo stato d’animo del momento, che ci fa decifrare in modo personale il contenuto di una frase.
Nella piramide dei bisogni creata da Maslow (Fig. 9 ) e adattata alle esigenze di pazienti che necessitano interventi protesici, vediamo la distinzione ai vari livelli di pazienti/clienti con necessita diverse, che variano dal paziente puro con l’urgenza di risolvere un disagio importante a livello funzionale, fino al paziente molto più cliente con esigenze cosmetiche.
Il paziente più difficile è più spesso quello che si posiziona all’apice della piramide di Maslow. Normalmente ha bisogno di elevare la propria autostima, ha poca urgenza a livello funzionale, ma dà grande importanza al risultato.
Alla base della piramide troveremo invece un paziente con una grande urgenza di riabilitazione e minore importanza di soddisfazione estetica. La difficoltà nella realizzazione dei due casi sarà di notevole differenza al fine di incontrare i bisogni del paziente.
Una giovane paziente con grande difficoltà a sorridere in modo spontaneo è visibile nella figura 10.
Dopo la ricostruzione del suo sorriso con 12 corone in disilicato di litio (e.max Press) manteneva ancora una difficoltà iniziale a sorridere spontaneamente acquisita dall’abitudine di anni. Nella figura 11 la paziente ci dedica un sorriso che è quasi più un “mostrare i denti”. Noi vogliamo costruire sorrisi… “sorrisi veri”!
Il termine estetico o antiestetico stimola in ogni individuo un’emozione che classifica un sorriso gradevole o sgradevole. Nel libro “The Dental Facelift” due dentisti americani Melvin ed Elaine Denholtz descrivono le caratteristiche principali di un sorriso gradevole come un fenomeno che è percepito in modo diverso da un individuo all’altro, affermando che deve esserci armonia ed equilibrio tra viso e denti.
È importante un incontro con il paziente per vedere cosa c’è “attorno” a quel modello di gesso che l’odontotecnico è abituato ad avere come inizio lavoro. Molto spesso il tecnico fa le sue considerazioni e valutazioni estetiche dal modello di gesso, che, però, possono non essere condivise dal medico e tanto meno dal paziente. C’è assolutamente bisogno di un incontro tra tecnico, medico e paziente per vedere e valutare cosa c’è “attorno” a quei modelli di gesso. L’attenzione dovrà essere posta su quelle che sono le reali esigenze del paziente, perché molto spesso le necessità dichiarate sono notevolmente inferiori rispetto ai bisogni reali (Fig. 12).
Può scattare così la mancata accettazione del risultato ottenuto nel ricreare il sorriso, il paziente non lo sentirà come sorriso vero e di sua appartenenza, con il conseguente atteggiamento non spontaneo. Inoltre c’è da considerare che psicologicamente il paziente debba ave re il sorriso che desidera, secondo il proprio gusto e la propria cultura. Non deve necessariamente essere come noi l’avremmo voluto, ma si dovrà rispettare fino in fondo chi poi deve vivere la propria ricostruzione dentale “come una rinascita”. Normalmente il dialogo tra medico e tecnico consiste nell’inviare al laboratorio dati relativi al paziente, materiale come impronte, modelli della situazione preesistente e talvolta fotografie (qualche volta vecchie di vent’anni, della prima comunione o del matrimonio). La domanda che è sorta al medico con il quale collaboro è stata relativa all’impossibilità di trasmettere le emozioni che riesce ad assorbire dal suo paziente attraverso un “ascolto empatico”, quelle sensazioni che fanno capire come dovrà essere risolto esteticamente il caso per dare serenità al paziente e soddisfazione al team medico e al team tecnico.
Ecco allora che prende forma il mio obiettivo di tecnico, cioè cercare di acquisire una “coscienza emozionale tecnica”.
Dopo avere immaginato la soluzione, si può passare alla previsualizzazione e poi allo sviluppo del progetto sfruttando le tecniche corrispondenti. Credo che ci sia ormai solo l’imbarazzo della scelta sulla tecnologia da adottare. Alla base di tutto ci deve essere la conoscenza che può essere acquisita dal consulto di pubblicazioni e, importantissimo, la conoscenza dei materiali che si usano per andare così ad aumentare il bagaglio dell’esperienza che ci faciliterà nel capire la soluzione per un caso successivo. Ecco allora, che non ci faremo condizionare da una marca rispetto ad un’altra o da un personaggio cha la rappresenta per seguire la moda del momento, ma sarà il nostro stile a vincere, maturato da esperienze di origine tecnico-emotive, ricordando che la paro la ultima è di diritto a chi deve convivere con una riabilitazione protesica.
Articolo di Lorena Dalla Riva – Odontotecnico con la collaborazione della dottoressa Orietta Pasdera e del dottor Stefano Gamba per le immagini cliniche